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La creatività quale risorsa fondamentale nell'economia dell'esistenza Printable Version PRINTABLE VERSION
by nadia scardeoni, Italy May 17, 2005
Education   Opinions
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La creatività quale risorsa fondamentale nell'economia dell'esistenza.

E' bello incontrarci all'insegna della progettualità solidale intorno ad una necessità fortemente condivisa: quella di ritrovare il senso, come é già accaduto in queste ore, di un "circolo virtuoso", dentro l'economia dell'esistenza perché, ci piace ribadirlo, l'elemento di costruzione apparentemente meno citato e in realtà presente é l'uomo con le sue risorse davanti al suo percorso esistenziale.

Allora nel vocabolario che andiamo pazientemente tessendo in questi giorni io scelgo di fare alcune riflessioni sui fattori di degrado che mettono a rischio una risorsa fondamentale dell'uomo: la creatività. E poiché una scheda didattica impone un contributo che provenga dall'esperienza, il mio pensiero va immediatamente, verso tutti quegli alunni che, nella pratica quotidiana di una relazione pedagogica tesa all'ascolto delle loro necessità esistenziali prima che specificatamente culturali, hanno contribuito a rendere urgente ciò che mi sforzerò di dire.

Proprio vivendo con loro una lunga esperienza di ricerca e di promozione di quella risorsa fondamentale per l'apprendimento che é il pensiero creativo, ho incontrato puntualmente e in dimensioni sempre più estese un disattivatore potente dell'integrità e dell'armonia della persona nella violazione e disgregazione della relazione affettiva prodotta da un sistema sociale che ha consentito che processi sempre più arroganti di mercificazione di ogni tipo di bene trovassero alloggio dentro una mistificante idea di progresso.

Il mondo della comunicazione interpersonale degli affetti, del pensiero, delle emozioni porta i segni ormai indelebili della violenza relazionale e comunicativa soprattutto attraverso i mezzi di comunicazione di massa che hanno costruito nelle forme più sottili e insidiose il condizionamento mentale e nelle forme più perverse, la violazione e la profanazione dei sentimenti e delle coscienze stesse.

Ed é se non altro singolare che la scuola, l'istituto formativo per eccellenza, e tutta la comunità educativa, chiamate a promuovere processi formativi, idonei a sollecitare la crescita e l'autonomia della persona, siano state così a lungo insensibili verso "agenti diseducativi" così forti e deprivanti.

Eppure già vent'anni fa, Carl Rogers snidava la cellula più viva e palpitante dell'apprendimento creativo chiedendo soprattutto alla scuola di rispondere, non solo con i contenuti, ma, prioritariamente con i metodi, agli inquietanti interrogativi che si affacciavano sul panorama dell'esistenza.

Interrogativi validi allora come ora e che qui riportiamo:

La scuola é in grado di preparare individui o gruppi a vivere in modo caratterizzato da cambiamenti rapidissimi?

E' in grado di preparare a vivere in modo responsabile e socialmente aperto, in un mondo di crescenti tensioni fra i popoli?

E' in grado di aggredire i problemi reali della vita contemporaneamente o si limita a trasmettere una cultura immobile, asfittica, inoperante?

Karl Rogers tratteggiava il "vademecum" di un apprendimento, non solo dal collo in su, che coinvolge solo la mente e trascura l'intera personalità dell'alunno, ponendo fatti e situazioni così lontani dal suo mondo da divenire insignificanti; bensì un apprendimento basato sull'esperienza, capace di destare interessi vitali, attraverso la partecipazione globale del soggetto, coinvolgendolo sul piano affettivo e atto a stimolare il fascino della ricerca, della scoperta autonoma; il solo capace di una reale e profonda incidenza nella modificazione del comportamento perché nutrimento idoneo alla crescita globale della personalità.
L'apprendimento creativo dunque, integrato all'esperienza e agli interessi vitali reali, aperto ai valori di cui ciascuno é portatore.
Solo così si potenzia la sicurezza di sé, la volontà di scoprire sé stessi e gli altri e di organizzarsi in forme nuove ed originali.
Solo così si conoscono le proprie inclinazioni e potenzialità, si affinano le capacità di costruire relazioni profonde, si coltiva la libertà di espressione, ci si apre al gioco delle percezioni, di concetti, dei significati.
E' questa la creatività.
Ora sappiamo quanto gli interrogativi posti allora fossero profetici e indicatori di una progettualità pedagogica che doveva identificare nella prevenzione la sua strada maestra.

Oggi il quadro che si offre ai nostri occhi é esattamente quello temuto da questo grande poeta e tecnico della relazione umana ed é così danneggiato da richiedere tutte le nostre energie in analisi, diagnosi, terapie, che si assumano la grave responsabilità di rimuovere tutti quei danni che le statistiche e le tavole rotonde dichiarano in maniera "frammentaria" giunti ormai alla soglia della irreversibilità.

Allora bisogna innanzitutto ritornare al "vocabolo" della violenza mercificatrice e se é vero che EDUCARE è sostanzialmente "ritirasi per far crescere l'altro" quale peso ha la violenza comunicativa quando è condizionamento del pensiero? Chi sono i cattivi maestri se non coloro che esercitano la pregnanza di sé, della propria volontà, delle proprie idee fino alla strumentalizzazione deliberata della libertà del pensiero altrui?





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