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La creatività quale risorsa fondamentale nell'economia dell'esistenza Printable Version PRINTABLE VERSION
by nadia scardeoni, Italy May 17, 2005
Education   Opinions

  


Quanti dibattiti sono stati attivati in questo ultimo decennio sull'influenza dei mass-media, dalla televisione alla pornografia, alla pubblicità, senza che la coscienza collettiva avvertisse il pericolo allarmante che era nell'aria?

Il filosofo Karl Popper, poco prima di morire ha lanciato un appello accorato nel suo saggio "televisione cattiva maestra". Popper imputa alla televisione di essere il principale veicolo di violenza nella società paragonandola alla guerra per i suoi effetti devastanti.

La chiama fattore di perdita dei sentimenti normali del vivere.

Ma il suo guasto più grave é di essere diventata, per incuria e insipienza politica, un potere incontrollato e quindi un potenziale distruttore dei principi della democrazia poiché il principio democratico, per il quale si tende ad elevare il livello di partecipazione consapevole, é offeso nella sua sostanza quando "violenza, sensazionalismo, divismi diventano le spezie quotidiane per pasti sempre più mediocri che, abbassando la soglia del gusto, abbassano la tutela di sé".

Quanti e quali i danni sociali, dentro l'economia delle risorse umane, in termini di passività, di competizione comunicativa con la famiglia, di distorsione della discussione pubblica, di crescita abnorme di miti in un quadro sociale già di per sé degradato e deprivato di riferimenti valoriali forti?

Nelle fasce di età più deboli e quindi più esposte, la "cattiva maestra" si sostituisce alla "cura materna", all'interrelazione, al dialogo, sottraendo all'infanzia i tempi preziosi del gioco.

E' un allarme troppo enfatizzato?

Vogliamo provare a mettere insieme i dati, le cifre dell'emarginazione giovanile, delle tossicodipendenze, della microcriminalità, dell'evasione scolastica, del disagio scolastico diffuso, delle fughe, delle violenze fisiche, sessuali, dei suicidi, affinché questi fattori di strapotente negatività ci interpellino con più urgenza?

E quanto ritardo in una scuola sempre più inadeguata a dare risposte significative e soluzione alle difficoltà che la classe degli utenti incontra nel costituirsi come soggetti pensanti, autonomi, creativi, capaci di liberare le proprie risorse affinché il già difficile inserimento nel mondo del lavoro non sia l'ultima tappa dell'alienazione di sé, ma luogo dell'autorealizzazione, dell'esercizio dell'intelligenza e della volontà di cooperazione, luogo dell'uomo totale e non dell'uomo decapitato e reso "funzione" dentro la disarticolazione della frammentazione esistenziale?

Allora io voglio fare un sogno per chi oggi ha meno titoli per sognare e per guardare al futuro. Per i giovani. Per questi "giovani" osservati nelle tavole rotonde solo quando il loro disagio é così grande da bucare la cronaca, io sogno oltre che una scuola diversa, una cittadinanza diversa che si estenda oltre i margini del possesso e dell'utilità dove, come l'arte ci insegna, la relazione si faccia comunicazione e la fruizione dei beni sia più seduttiva del possesso.
Dove gli spazi abitativi possano assumere quella straordinaria proprietà di essere, oltre che il luogo funzionale alla vita quotidiana, struttura esistenziale; luoghi di crescita, di incontro, di relazione solidale stretta intorno alla tutela di un patrimonio comune. Dove la casa, rivendicando il diritto di ciascun uomo di nascere in una "dimora amica", sia un luogo protetto, posto a tutela della relazione.
La casa dell'abitare" dell'uomo, luogo di integrazione di pensieri, memorie, sogni. L'angolo del mondo da cui si parte ma a cui si ritorna, almeno nei desideri, per non essere "dispersi".

Ma, "il fondamento dell'avere" coniugato all'urgenza di provvedere agli inurbamenti incontrollati, alla produzione, al consumo, ha creato un abisso fra la città e la casa dell'uomo quando, invece, "il rapporto dell'abitare e dell'edificare vincola in un unico destino la città sociale e la casa familiare".

Per questi abitatori delle città morenti, sotto il carico di una schizofrenica idea di progresso, sarà bene cercare "terapie" che consentano di coniugare tecnica e valori, affinché lo spazio geometrico lasci il posto allo spazio dell'uomo, affinché la città sia il luogo dove si rende possibile l'esplicazione delle vocazioni più diverse, attraverso la collaborazione e la comunicazione. "Un sistema di simboli affettivi piuttosto che funzionali, estetici piuttosto che matematici, etici piuttosto che solo tecnici."

Credo che disattendendo, come ancora accade, la soluzione di queste gravi problematiche sociali sia oggi quantomeno teorico guardare alla formazione, al lavoro, all'economia come a fattori di crescita, di progresso dell'uomo se non si interrompe il circolo vizioso che sta stringendo in una stretta mortale la maggiore risorsa umana: la libertà e la duttilità del pensiero.

Dice B.Pascal:

"L'homme c'est un roseau pensant", l'uomo non é che un giunco, il più debole della natura, ma é un giunco che pensa. Non é necessario che l'universo intero si armi per distruggerlo, un vapore una goccia d'acqua basta per ucciderlo. Ma anche quando l'universo lo distrugge egli é ancora più nobile di chi lo uccide perché é consapevole di morire. L'universo non sa niente".







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nadia scardeoni


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